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Poesia immortale «Qui giace l'Aretin, poeta Tosco, che d'ognun disse mal, fuorché di Cristo, scusandosi col dir: "Non lo conosco"! » (Ironica epigrafe indirizzata all'Aretino da Paolo Giovio). Di certo il coraggio non mancava a Pietro Aretino quando, nel 1542, dava alle stampe per la prima volta questi Sonetti lussuriosi, capostitipe di quella che diventerà la letteratura erotica. Il linguaggio di Pietro Aretino nei "Sonetti lussuriosi" è talmente esplicito e l'uso di termini popolari che definiscono le parti anatomiche destinate al sollazzo copulatorio è tanto frequente da sommergere…mehr

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Produktbeschreibung
Poesia immortale «Qui giace l'Aretin, poeta Tosco, che d'ognun disse mal, fuorché di Cristo, scusandosi col dir: "Non lo conosco"! » (Ironica epigrafe indirizzata all'Aretino da Paolo Giovio). Di certo il coraggio non mancava a Pietro Aretino quando, nel 1542, dava alle stampe per la prima volta questi Sonetti lussuriosi, capostitipe di quella che diventerà la letteratura erotica. Il linguaggio di Pietro Aretino nei "Sonetti lussuriosi" è talmente esplicito e l'uso di termini popolari che definiscono le parti anatomiche destinate al sollazzo copulatorio è tanto frequente da sommergere qualsiasi moto di scandalizzato moralismo. Ma il livello letterario è fuor di discussione, risultando un testo godibilissimo dal primo all'ultimo verso, così come non presenta difficoltà alcuna la lettura, essendo scritta nell'italiano del '500, ormai arcaico ma comprensibilissimo a chiunque. L'autore: Figlio di un calzolaio, nasce ad Arezzo nel 1492 e della sua infanzia poco sappiamo così come ne ignoriamo il cognome in quanto preferì sempre indicarsi con quello della sua città. Adolescente è a Perugia dove frequenta l'Università e per un breve periodo si dedica anche alla pittura, oltre naturalmente a frequentare gli ambienti intellettuali della città. Nel 1517 è alla corte di papa Leone X a Roma. Città che deve abbandonare nel 1521 a causa di alcuni poemetti satirici (pasquinate) composti in occasione del conclave che elegge il fiammingo Adriano VI (che Pietro Aretino definisce "la tedesca tigna", e che sarà l'ultimo papa straniero fino al 1978). Dopo un periodo alla corte mantovana, rientra a Roma e sotto il pontificato di Clemente VII riacquista notorietà e favore popolare. Inviso a molti esponenti della curia viene accoltellato da un sicario nel luglio 1525, risultando gravemente ferito. E' dunque di nuovo costretto a lasciare Roma e nel 1527 si stabilisce a Venezia, città che è l'esatto opposto, il contraltare di quella dei Papi e dove Aretino pubblica la maggior parte delle sue opere, fino alla morte, probabilmente dovuta ad un colpo apoplettico, avvenuta il 21 ottobre 1556. Oltre ai "Sonetti lussuriosi" e ai "Dubbi amorosi", la produzione letteraria di Pietro Aretino è molto ampia e assai pregevole. Tra queste le opere maggiori: "I ragionamenti", "Angelica", "Astolfeide" e "La Talanta".

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Autorenporträt
Nato ad Arezzo nel 1492, Pietro Aretino non si denominò mai col suo patronimico ma sempre col nome della sua città. Della sua infanzia quasi nulla è noto, ma si sa che nell'adolescenza visse e a Perugia sia per frequentare l'università sia per studiare pittura, e come pittore si firmò per qualche tempo. Nel 1517 fu a Roma, alla corte di Leone X; qui assistette al conclave del 1522, in occasione del quale compose delle pasquinate, ovvero dei poemetti satirici. Con l'ascesa al soglio pontificio del fiammingo Adriano VI (o, come lo chiamò l'Aretino, "la tedesca tigna") prese a viaggiare per la penisola e lavorò a Mantova, al servizio di Giovanni dalle Bande Nere. Tornò a Roma nel '23 e, sotto papa Clemente VII, riacquistò notorietà e benevolenza popolare. In questo periodo compone i Sonetti Lussuriosi, ispiratigli dalle tavole pornografiche di M. A. Raimondi sui disegni di Giulio Romano, e scrisse la Cortigiana. Ma l'invidia e la malevolenza del datario pontificio, mons. Giberti, interruppero questo periodo felice: alla fine del luglio 1525 viene accoltellato da un sicario del monsignore. L'Aretino lasciò così Roma e, dal 25 marzo 1527, si trasferì a Venezia, la città anticortigiana per eccellenza, l'unica, a detta di lui, totalmente opposta a Roma, sede di tutti i vizi. Qui scrisse e diede alle stampe la maggior parte delle sue opere e qui morì, probabilmente di apoplessia, il 21 ottobre 1556.