Mattia Guzzi esordisce con una silloge narrativa di impianto onirico, apparentemente dipanata in tre storie diverse per genere e stile. A una lettura più attenta, però, si percepiscono i sottili legami che le accomunano: una ragnatela di sottotrame-specchio, vicoli ciechi, dettagliatissime descrizioni che intrappolano il Lettore, catturandolo tra realtà e immaginazione.
Stante la giovanissima età dell’Autore, risulta subito evidente che egli ha compreso il difficile segreto che rende artisticamente efficace una storia. Ammalia e convince la scrittura fresca, la sua pacatezza e sensibilità, la sua implacabile chiarezza abbinata a un intrigante tocco di cinismo.
Il primo racconto, L’infermiera, prende lo spunto da un fatto di cronaca: dietro un comportamento criminale c’è una persona, la sua vita, le sue scelte.
Il secondo racconto, Impressioni, nasce dalla riflessione sul rapporto dell’essere umano con il tempo e di conseguenza sulla natura effettuale e non dei ricordi.
Il terzo racconto, La p rincipessa dagli occhi di vetro, è una favola che affronta il tema identitario.
Stante la giovanissima età dell’Autore, risulta subito evidente che egli ha compreso il difficile segreto che rende artisticamente efficace una storia. Ammalia e convince la scrittura fresca, la sua pacatezza e sensibilità, la sua implacabile chiarezza abbinata a un intrigante tocco di cinismo.
Il primo racconto, L’infermiera, prende lo spunto da un fatto di cronaca: dietro un comportamento criminale c’è una persona, la sua vita, le sue scelte.
Il secondo racconto, Impressioni, nasce dalla riflessione sul rapporto dell’essere umano con il tempo e di conseguenza sulla natura effettuale e non dei ricordi.
Il terzo racconto, La p rincipessa dagli occhi di vetro, è una favola che affronta il tema identitario.