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L’interesse che l’opuscolo offre è duplice, in relazione al pensiero di Edith Stein, e in relazione ad Heidegger. Attratta fin dalla sua prima giovinezza dalla magna quaestio della persona umana, della verità della persona umana, Edith Stein aveva cercato la chiave di accesso alla sua comprensione dapprima, negli anni delle scuola superiore, assecondando un appassionato interesse alla letteratura e alla storia; aveva poi nutrito la speranza che potesse introdurla ad una comprensione più piena dell’essere umano la psicologia; delusa dalla psicologia per la scarsa solidità dei suoi fondamenti,…mehr

Produktbeschreibung
L’interesse che l’opuscolo offre è duplice, in relazione al pensiero di Edith Stein, e in relazione ad Heidegger. Attratta fin dalla sua prima giovinezza dalla magna quaestio della persona umana, della verità della persona umana, Edith Stein aveva cercato la chiave di accesso alla sua comprensione dapprima, negli anni delle scuola superiore, assecondando un appassionato interesse alla letteratura e alla storia; aveva poi nutrito la speranza che potesse introdurla ad una comprensione più piena dell’essere umano la psicologia; delusa dalla psicologia per la scarsa solidità dei suoi fondamenti, aveva finalmente trovato nella fenomenologia il metodo rigoroso e la strumentazione concettuale di cui si sarebbe servita per l’elaborazione della sua ‘filosofia della persona’, dal suo primo scritto, la tesi di laurea Sul problema dell’empatia, fino all’ultimo, restato privo della sistemazione definitiva, la Scienza della croce. Soprattutto dopo la sua conversione e dopo l’approfondimento del pensiero cattolico (in maniera particolare di Tommaso d’Aquino), le era diventato chiaro che una concezione dell’uomo non può aversi al di fuori di una metafisica, di una concezione globale della realtà e di una presa di posizione di fronte al problema della natura dell’Assoluto. È l’impresa che ha affrontato, rifacendosi alla tradizione aristotelico-tomista ma non da supina seguace e non senza apporti di Agostino e di Scoto, prima in Potenza e atto e poi in Essere finito e essere eterno; questo suo impegno di riflessione va situato nell’orizzonte di quello che ella considerava il suo compito, gettare un ‘ponte’ tra la tradizione del pensiero cattolico e la ‘filosofia moderna’. Per quanto poi concerne Heidegger, il merito di questo testo di Edith Stein, e l’utilità della sua lettura, sta a mio avviso in primo luogo nel fatto che Edith Stein sottrae chi accosta il pensiero heideggeriano al rischio, in cui non raramente si incappa, di relegare quel pensiero – a parte alcune analisi su temi particolari, che hanno larga risonanza –, in una sfera e in un mondo a sé, protetto da, ma anche in qualche modo prigioniero di, una terminologia piuttosto criptica, di nuovo conio, e in rapporto piuttosto oscuro con le grandi problematiche (in particolare metafisiche e antropologiche) da sempre oggetto della riflessione dei filosofi. Edith Stein mette di forza il testo heideggeriano di fronte alle domande fondamentali non solo della filosofia ma dell’uomo comune, forzandolo quasi a rispondere; di fronte alla risposta ottenuta, come si vedrà, esprime giudizi molto netti, ma al tempo stesso non nasconde del tutto una certa perplessità sul loro vero senso (mi riferisco soprattutto alla nota finale del suo opuscolo). In un recente articolo, Wilk lamenta il fatto che così pochi, tra gli studiosi di Heidegger, abbiano presenti i giudizi di Edith Stein sul suo pensiero. Tratto dall’Introduzione dell’Autore