Carlo Porta, il grande ironista meneghino, nasceva quando nella sua Milano, pur nella semi-barbarie di tante cose, agitavansi forti spiriti innovatori. Il Beccaria scriveva ardito contro la tortura e il patibolo; il Verri suggeriva le case di correzione in luogo delle prigioni pervertitrici; il Parini scherniva l'aristocrazia fatua e viziosa; a dispetto di sfringuellanti accademie arcadiche, sorgevano due associazioni possenti: la Patriottica e la Palatina; la prima per infondere aliti nuovi alle industrie, la seconda per rifare la storia italiana cui un dottore dell'Ambrosiana, Antonio Muratori, consacrò energie più che umane. Le sale del palazzo principesco di Antonio Tolomeo Trivulzio echeggiavano ancora di scipite pastorellerie d'Arcadia; ma, per volontà riparatrice dello stesso principe, quelle sale si aprirono ai vecchi che per le vie fangose trascinavano la canizie limosinando o venivano gettati a languire in un carcere. Alessandro Volta medita e prova: fioriscono gli studii matematici alle cui cime salgono persino menti muliebri, come l'Agnesi la buona e Clelia Borromeo la bella. La terra si solca di nuove strade e di nuovi canali: il cielo svela nuovi misteri alle acute pupille degli astronomi di Brera.