
Stato, fede religiosa e questioni di sicurezza
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Le questioni religiose sono legate alla sicurezza di un Paese, di una regione e oltre. Se non vengono gestite con attenzione, esiste la possibilità che si trasformino in un rischio e in una minaccia per la sicurezza. Questo è il caso, perché la radicalizzazione delle fedi religiose ha spesso portato all'odio interreligioso e interetnico, a crimini contro l'umanità, al genocidio o ad atti terroristici, diventando così una seria minaccia anche per la sicurezza regionale e globale. Gli attentati di Srebrenica, il precedente Afghanistan sotto il regime talebano, l'odierno ISIS, così come la ...
Le questioni religiose sono legate alla sicurezza di un Paese, di una regione e oltre. Se non vengono gestite con attenzione, esiste la possibilità che si trasformino in un rischio e in una minaccia per la sicurezza. Questo è il caso, perché la radicalizzazione delle fedi religiose ha spesso portato all'odio interreligioso e interetnico, a crimini contro l'umanità, al genocidio o ad atti terroristici, diventando così una seria minaccia anche per la sicurezza regionale e globale. Gli attentati di Srebrenica, il precedente Afghanistan sotto il regime talebano, l'odierno ISIS, così come la tendenza alla radicalizzazione dell'Islam balcanico, sono prove molto valide di questo. È per questo che le questioni religiose non devono essere tralasciate dall'attenzione della società. L'organo di regolamentazione di tutti questi problemi deve essere lo Stato, che non deve limitarsi a fungere da garante neutrale della libertà delle fedi religiose, come è già accaduto finora in molti Paesi democratici, ma deve piuttosto agire come promotore di queste libertà. Lo Stato, rispettando la Dichiarazione universale e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e valutando l'importanza di questi problemi per la sicurezza nazionale, deve passare dalla "neutralità passiva" al "laicismo attivo".